In qualità di strumenti “curativi” che seguono un percorso di ricerca, sperimentazione e autorizzazione parallelo a quello delle terapie tradizionali, le Digital Therapeutics si trovano a fare i conti con la necessità di una regolamentazione ad hoc. È un tema fondamentale non soltanto per la loro introduzione in qualità di dispositivi medici, ma anche per la necessaria autorizzazione da parte delle autorità sanitarie in vista di una prescrizione che consenta il rimborso da parte del Servizio Sanitario Nazionale.
Secondo la definizione fornita dalla Digital Therapeutics Alliance, che fa rientrare le DTX sotto l’ombrello della Digital Medicine, le terapie digitali sono, infatti, un intervento terapeutico basato sull’evidenza, guidato da programmi software di alta qualità per prevenire, gestire o trattare un disturbo o una malattia. La DTX è centrata sul paziente (solo o principalmente) ed è in grado di fornire un effetto positivo clinicamente misurabile, validato scientificamente
Lo studio dell’IRCCS Mario Negri
Il tema DTX è stato oggetto, di recente di un importante approfondimento su Ricerca&Pratica, la rivista dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri in un articolo firmato da Eugenio Santoro, Laura Boscherini e Alessandra Lugo. Si è trattato, come sottolineato dallo stesso Santoro, di una “revisione degli studi clinici riguardanti le terapie digitali presenti in ClinicalTrials.gov”, piattaforma sviluppata dal National Institutes of Health (NIH) statunitense e dalla FDA che fornisce accesso a tutta una serie di dati relativi a studi clinici sostenuti in ambito pubblico e privato.
I ricercatori hanno condotto una revisione degli studi clinici riguardanti le terapie digitali presenti appunto sul database ClinicalTrials.gov. “Dei 560 studi individuati – si legge nell’abstract dell’articolo –, 136 studi controllati e randomizzati sono stati analizzati perché l’intervento digitale era coerente con la definizione di terapia digitale”.
Di questi il 41,9% basato sullo sviluppo di un’App; il 25,7% a interventi basati sul web e l’8,8% a videogiochi, si sono rivelati come gli strumenti di Digital Health più utilizzati per l’intervento di terapia digitale. “Meno usati sono i sistemi di realtà virtuale (4,4%), i messaggi testuali (3,7%), le piattaforme di social media (2,9%) e i software basati su computer (2,2%)”.
Per quanto riguarda invece le aree oggetto di maggiori studi sul fronte DTx sono emerse quelle che coinvolgono le patologie riguardanti la salute mentale (34,6%), quelle croniche (19,1%) e le dipendenze (12,5%).
Un dato particolare emerso dallo studio ha riguardato l’anno di attivazione della ricerca sulle DTx: due studi su tre sono stati avviati dopo il 2017. Questo sta a indicare l’attualità della ricerca ma anche la necessità di integrare questa branca della Digital Medicine nel servizio sanitario nazionale anche alla luce delle recenti urgenze poste dalla pandemia.