L’analisi delle Digital Therapeutics (DTX), il loro sviluppo e il corretto posizionamento nel perimetro della Digital Health. Sono i punti centrali dell’intervento di Massimo Beccaria, Vice-President di AdvicePharma, Co-founder e CEO di daVinci Digital Therapeutics, Co-founder e CEO di Alfa Technologies International Inc. nel corso dell’evento online “Programmable Medicines and Digital Biotechnology”, che si è tenuto il 28 settembre nell’ambito dell’VIII edizione della Biotech Week 2020, la settimana di iniziative per raccontare le biotecnologie nata in Canada nel 2003 e approdata in Europa nel 2013, coordinata e promossa a livello italiano da Assobiotec-Federchimica. L’appuntamento in streaming (a cui si può accedere a questo link) è stato organizzato da daVinci Digital Therapeutics e Argon Global Healthcare.
Il nodo centrale dell’intervento di Beccaria ha riguardato, come anticipato, la definizione delle DTX nel settore della salute digitale in base alla suddivisione individuata dalla Digital Therapeutics Alliance per cui la Digital Medicine è un sottoinsieme della Digital Health e le Digital Therapeutics rientrano, appunto, nell’ambito della Digital Medicine.
La DTX, è un intervento terapeutico basato sull’evidenza, guidato da programmi software di alta qualità per prevenire, gestire o trattare un disturbo o una malattia. La DTX è centrata sul paziente (solo o principalmente) ed è in grado di fornire un effetto positivo clinicamente misurabile, validato scientificamente
La Digital Medicine e il caso LuCApp
La salute digitale è dunque la convergenza delle tecnologie digitali con la salute, l’assistenza sanitaria, la vita e la società, per migliorare l’efficienza della fornitura di assistenza sanitaria.
Tra gli esempi più avanzati di Digital Medicine in Italia si configura LuCApp (Lung Cancer App) l’applicazione mobile sviluppata da ricercatori e medici per promuovere il monitoraggio e la gestione in tempo reale dei sintomi dei pazienti affetti da neoplasia polmonare. Lo studio LuCApp è condotto e sponsorizzato dall’Università Bocconi di Milano. AdvicePharma in qualità di Contract Research Organization (CRO) dello studio, e in collaborazione con l’Università Bocconi, ha realizzato la app per la gestione del paziente, la tecnologia alla base dello studio e quella di raccolta dati attraverso la tecnologia proprietaria di gestione dati ICE (Integrated Clinical Trial Environment). Al momento sono 120 i pazienti adulti a cui è stata diagnosticata una neoplasia polmonare che la utilizzano. «Con LuCApp non agiamo direttamente sul paziente ma lo teniamo sotto controllo», ha sottolineato Beccaria.
Con le DTX la «terapia» è il software
Con le DTX avviene un passaggio ulteriore: «È il software stesso responsabile di migliorare l’outcome di salute del paziente, che beneficerà dell’utilizzo di questa terapia».
A oggi la capofila nel settore delle DTX è reSET, la prima Digital Therapeutics approvata dalla FDA. ReSET è una Prescription Digital Therapeutic (PDT) di 90 giorni per il Disturbo da Uso di Sostanze (Substance Use Disorder – SUD) che ha lo scopo di fornire una terapia cognitivo comportamentale (CBT), in aggiunta ad un sistema di gestione delle emergenze, per pazienti dai 18 anni in su attualmente arruolati in trattamento ambulatoriale sotto la supervisione di un medico. Il successo di reSET è stato determinato da un’elevata accessibilità elevato engagement del paziente».
La “composizione” delle Digital Therapeutics
Come per ogni terapia, anche le DTX hanno un «principio attivo» e degli «eccipienti», in questo caso, digitali.
Con le DTX si eroga una terapia costituita da un algoritmo validato (rappresentato con un diagramma di flusso), ossia un processo finalizzato a risolvere un problema attraverso un numero finito di soluzioni erogato attraverso un software. Gli eccipienti, dal punto di vista digitale, sono i servizi/software che potrebbero supportare i pazienti e facilitare l’erogazione della terapia.
Come viene sviluppata una DTX?
Secondo Beccaria, lo sviluppo di una DTX è «una sfida che impatta su un elemento fondamentale: il cambio di organizzazione». A oggi, infatti, una struttura come una casa farmaceutica o un ospedale deve cambiare approccio per sviluppare una terapia digitale. Alle competenze cliniche se ne affiancano di ingegneristiche, di software development, di produzione di dispositivi medici, di CRO (Contract Research Organization). Ultimo miglio un Patient Service Support «che può passare attraverso il medico ma può prevedere un contatto diretto tra la struttura che ha sviluppato la DTX e il paziente e occorre una struttura in grado di gestire queste problematiche».
Nello sviluppo poi si prevede un Board of Experts che valuti la documentazione di progetto (requisiti tecnici/normativi e di utilizzo; requisiti di sicurezza; requisiti di progettazione dell’utente) e, una volta sviluppato il servizio e l’eccipiente digitale, si potrà procedere con il test clinico e di efficacia. L’affidabilità, sottolinea Beccaria, «viene data solo dopo il corredo si sperimentazione clinica».
DTX, “Game Changer” per la Digital Medicine
Le DTX possono essere dei “game changer” per un mercato che elenca, tra i suoi punti di forza, la possibilità di utilizzo per le malattie croniche (ad esempio l’obesità), la possibilità per i pazienti di un accesso rapido alle terapie e la loro centralità per tutto lo sviluppo del trattamento. Le opportunità prevedono la possibilità di un utilizzo mirato dell’enorme mole di dati generati nel corso del trattamento, una gestione differente della malattia e una spinta all’innovazione. Restano, sullo sfondo, rischi e debolezze delle DTX, in particolare l’assenza di un framework normativo a livello europeo (e un regolamento sulle sperimentazioni cliniche vecchio o non applicabile) e l’assenza di rimborso per questo tipo di terapie. A questo si affianca una scarsa preparazione dell’ambito medico al cambiamento e la mancanza di modelli organizzativi.
Chiarire la differenza tra Digital Medicine e Digital Therapeutics è, dunque, il primo passo di questo importante (e lungo) percorso.