Cresce il “bisogno” di competenze di Artificial Intelligence (AI) in ambito sanitario. A rilevarlo uno studio condotto da EIT Health, divisione dedicata alla salute dell’European Institute of Innovation and Technology (EIT), in collaborazione con la società di consulenza McKinsey & Company.
Secondo il report “Transforming healthcare with AI: The impact on the workforce and organisations”, diffuso all’inizio di settembre, si fa sempre più concreta la necessità di «attrarre, educare e formare una generazione di professionisti della sanità con un’approfondita conoscenza dei dati, migliorando al contempo le competenze della forza lavoro attuale».
Competenze e contributo degli operatori sanitari allo sviluppo dell’AI
Lo studio analizza i risultati di una survey che ha coinvolto 175 persone in prima linea nella fornitura di assistenza sanitaria, inclusi 62 “decisori”. Dalle risposte emerge il bisogno di un nuovo corso per il settore dell’healthcare, in cui competenze digitali di base, scienza biomedica e dei dati, e la stessa analisi dei dati si configurano come propedeutici all’ingresso dell’AI e del machine learning nel mondo dei servizi sanitari. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) entro il 2030 con lo sviluppo di AI e machine learning l’economia globale potrebbe creare 40 milioni di nuovi posti di lavoro nel settore sanitario.
Oltre all’aggiornamento delle competenze, un’altra esigenza identificata come fondamentale dai partecipanti allo studio è la maggiore partecipazione degli operatori sanitari nelle prime fasi dello sviluppo dell’AI. A oggi, infatti, il 44% degli intervistati ha dichiarato di non essere mai stato coinvolto nello sviluppo o nella diffusione di una soluzione di IA.
Dalla diagnostica al processo decisionale clinico
Oggi la diagnostica è l’applicazione principale dell’AI in ambito sanitario. Secondo lo studio EIT Health – McKinsey, però, nel prossimo decennio il primato andrà alle applicazioni nell’ambito del processo decisionale clinico. Basandosi sull’automazione, l’AI potrà rivoluzionare l’assistenza sanitaria contribuendo a migliorare la vita quotidiana degli operatori, permettendo loro di concentrare le proprie energie sui pazienti, dedicando meno tempo alle mansioni amministrative e più tempo alla somministrazione diretta di cure.
L’AI, inoltre, consentirà di ottimizzare la velocità della diagnostica e, in molti casi, anche l’accuratezza. «Nel 2015 – si legge nel report – gli algoritmi hanno superato gli esseri umani nel riconoscimento visivo nell’ambito del concorso ImageNet Challenge Large Scale Visual Recognition Competition, passando da un tasso di errore del 28% nel 2010 al 2,2% nel 2017, rispetto a un tasso di circa il 5% tipico dell’errore umano».